La vita di un tennista o di una tennista, di un uomo o di una donna, può rinascere a 26 anni, 9 mesi e 28 giorni? E’ solo retorica, parole prese a caso da un manuale di auto-miglioramento, o può accadere sul serio? Tra le luci fredde di un Roland Garros che entrerà nella storia per essere stato il primo (e forse unico) ad essersi disputato in autunno, abbiamo assistito a quel momento di “sliding door” della vita tennistica (e non solo) di Martina Trevisan. Non che l’esistenza precedente della talentuosa mancina pisana fosse stata priva di soddisfazioni (non si arriva per caso al numero 144 delle classifiche mondiali); ma il successo sulla statunitense Cori Gauff, numero 51 del ranking WTA con annessa qualificazione per la prima volta al terzo turno di un torneo dello Slam apre il sipario su un’altra carriera, che ci auguriamo più lunga e vincente possibile. Anche la scelta dell’avversaria da superare sul suo percorso sembra tutt’altro che casuale: la Gauff, sedicenne considerata universalmente come il futuro fenomeno del tennis mondiale, ricorda la Martina che da Juniores pareva avviata verso una folgorante carriera e ci ricorda come le luci della ribalta, tra lustrini e spot pubblicitari, a volte possano improvvisamente spegnersi senza un perchè, gettando il protagonista al buio rispetto agli occhi del mondo intero.
Dopo un’infanzia di grandi sogni e aspettative, da predestinata appunto, le luci si sono spente attorno a Martina Trevisan, e anche dentro di lei. Mentre arrivavano le prime vittorie nel circuito professionistico, covava un malessere nascosto, qualcosa che si stava rompendo: le pressioni, le aspettative, l’obbligo di dover vincere a tutti i costi, unite a problematiche familiari e personali, diventarono un macigno troppo pesante, che Martina cercò inizialmente di portare sulle spalle. Ma l’anoressia, terribile male della nostra società che colpisce così tante ragazze giovani, fu il monito definitivo che qualcosa non andava e che serviva una quotidianità normale, come tutti gli adolescenti, lontana dai riflettori e dalle pressioni insite nel circuito dei “pro”.
Dopo anni, quando le cose iniziarono ad andar meglio, Martina si riavvicinò al tennis, com’era naturale che fosse, quasi in punta di piedi, ricominciando a palleggiare e a dare qualche lezione sui campi del Circolo Tennis Pontedera. Da lì è ripresa la strada che si era interrotta, con una crescita graduale tra le professioniste sino ad arrivare tra la centesima e la duecentesima posizione al mondo. Tornei ITF, qualche WTA, qualche apparizione in Federation CUP: un palmares più che decoroso, da onesta giocatrice. Ma non da campionessa. Almeno fino a questo Roland Garros. Tre turni di qualificazione superati e accesso al main draw, il secondo in un torneo dello Slam dopo gli Australian Open di quest’anno. Primo ostacolo nel tabellone principale scavalcato aggiudicandosi il derby azzurro contro Camila Giorgi. Poi il capolavoro contro Cori Gauff. Un match giocato alla pari contro la 51 del mondo: questo, più che la vittoria, è il vero motivo di soddisfazione per la Trevisan, che finalmente ha compreso tutte le sue grandi potenzialità ed è riuscita a spazzar via definitivamente le nuvole nere del passato. Sul 5-3 40-40 nel terzo set Martina subisce una decisione arbitrale contraria assurda, una palla fuori di dieci centimetri giudicata buona a favore dell’avversaria che l’avrebbe portata al match-point: ma non si scompone, accenna qualche timida protesta e sorride al cambio campo del game ingiustamente perso, sa che quello che le spetta è lì e se lo va a riprendere subito. Al prossimo turno oltre la rete troverà la greca Maria Sakkari, numero 24 delle classifiche mondiali, ma la nuova vita di Martina Trevisan è già iniziata da ieri. Adesso lei possiede la consapevolezza, al di là dei risultati, di saper gioire dei successi e di saper trasmettere quello che ha dentro. Ciò che accadrà, da ora in avanti, dipende solo da Martina…
Alessio Laganà
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