Esattamente un anno fa, le prime immagini di un misterioso virus giunto dalla Cina rimbombavano sui nostri schermi. Nessuno avrebbe mai immaginato che nel 2020 una pandemia avrebbe invaso l’intero pianeta, con danni incalcolabili sul piano sanitario, economico e sociale. Eppure è accaduto, e noi siamo in mezzo alle onde come vasi di coccio in mezzo a tanti vasi di ferro.
A dodici mesi di distanza proviamo a fare un bilancio per quanto riguarda il settore che più ci sta a cuore, il mondo dello sport, del tennis e dei centri sportivi. In questa sede non voglio ripercorrere i vari step che hanno toccato il tennis di base, già affrontati in numerosi articoli, ma voglio concentrarmi su una prospettiva futura. Che cosa accadrà adesso? In questo periodo ho avuto la possibilità di parlare con molti addetti ai lavori, da insegnanti a gestori di circoli, e vorrei partire dalle loro considerazioni. Inutile negarlo, lo scenario attuale è delicatissimo per il mondo dello sport: è un dato di fatto, ed è un fatto che alcuni centri sportivi siano stati costretti a chiudere a causa dell’emergenza legata al covid-19. Ma in prospettiva futura, riferendoci alla totalità del movimento, la situazione quanto è grave? I lavoratori sportivi riusciranno a superare le enormi difficoltà di questo periodo e, un giorno, riprenderanno la loro normale attività, oppure molti di loro saranno costretti ad arrendersi e a cercare altre strade?
Conversando con diversi addetti ai lavori, l’impressione che ne ho ricavato è questa: al momento è difficile quantificare la serietà della situazione per il nostro settore. Quasi tutti hanno avuto un calo del lavoro, più o meno marcato, parecchi si lamentano, ma in pochi ammettono di essere sul punto di non ritorno. Su una valutazione del genere incide un aspetto psicologico: si tratta di un argomento tabù, difficile da affrontare per pudore o per spirito di sopravvivenza. Le persone spesso vanno avanti, in mezzo a mille difficoltà, e non pensano oppure non parlano dell’ipotesi più estrema, quella che imporrebbe la cessazione della propria attività. La difficoltà di delineare uno scenario futuro è normalissima: io stesso non ho problemi ad ammettere che questa pandemia ha praticamente azzerato il mio lavoro, sia come insegnante di tennis sia come giornalista/addetto marketing e comunicazione sia come organizzatore di eventi, ma faccio fatica a valutare per quanto ancora riuscirò ad andare avanti.
Eppure, dopo un anno di sacrifici e sofferenze, fino a che punto è reale il pericolo di “default” per il mondo dello sport non professionistico? Quelle che seguono sono mie personalissime riflessioni, degne di essere tranquillamente confutate o smentite dai fatti. Io credo che, rispetto ad altri comparti economici e produttivi, il tennis di base riuscirà a ripartire meglio, una volta che la pandemia sarà ridimensionata. Ci saranno macerie, circoli costretti alla chiusura, insegnanti costretti a cessare la propria attività, ma è inevitabile a fronte dello tsunami che stiamo vivendo. Tuttavia ci sono vari aspetti che mi invitano a essere ottimista. In primis, per quanto riguarda i maestri di tennis, la ripartenza potrebbe essere meno faticosa del previsto. Lo abbiamo visto la scorsa estate, quando molti circoli, complice la possibilità di giocare all’aria aperta, hanno lavorato quasi a pieno regime. Dunque, nel momento in cui il quadro sanitario migliorerà, non vedo particolari ostacoli ad una ripresa immediata dei corsi, delle lezioni private, delle ore affittate e dei tornei organizzati. Ci sarà da stringere i denti nel frattempo, e i ristori, che pure non sono mancati per la categoria rispetto ad altri settori lavorativi, dovranno cercare di colmare in parte le difficoltà economiche di chi è danneggiato. Passando ai circoli e a chi li fa andare avanti, la situazione è più complicata, perchè spesso ci sono di mezzo mutui da pagare, mancati introiti di bar e ristoranti e contratti da rispettare, ma anche in questo caso mi sento di essere ottimista. Adesso è veramente dura per i gestori dei centri sportivi, così come per chi gestisce qualsiasi altra attività commerciale, ma una ripresa rapida aiuterebbe a risollevarsi. Bisogna considerare, inoltre, che la maggioranza dei circoli tennis è di proprietà comunale: voglio sperare che le istituzioni pubbliche possano aiutare chi si troverà in grave difficoltà. Non è una garanzia assoluta, ma chi gestisce un bar, un ristorante o una palestra e può contare soltanto sulle sue forze è messo sicuramente peggio.
Si tratta, per il momento, di stringere i denti, di ridimensionare le proprie aspettative economiche e lavorative. Non ci sono altre soluzioni. Dobbiamo essere resilienti, come lo siamo stati tanti volte in campo di fronte ad un avversario difficile, sapendo che questo è il match più duro che siamo costretti ad affrontare.
Alessio Laganà
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