È una questione politica,
‘na grande presa per culo,
in questa nuova Repubblica
non ci somiglia nessuno…
Esattamente venticinque anni fa il grande Antonello Venditti nella canzone “Prendilo tu questo frutto amaro” inveiva contro l’ambiguità e il pressapochismo della classe politica. E’ un tema vecchio come il mondo e potremo spendere centinaia di migliaia di parole per ribadire un concetto sotto gli occhi di tutti da diventare banali e scontati. Tuttavia quanto accaduto al settore del tennis non professionistico durante questa emergenza legata al covid-19 lascia di stucco e fa crescere al massimo il senso di disillusione nei confronti delle persone che ci rappresentano. Lasciamo perdere gli schieramenti politici: l’arte di prendere decisioni sbagliate e senza senso è trasversale! E allo stesso tempo consideriamo l’attenuante della più grande crisi economica e sociale dal dopoguerra ad oggi: il Governo è stato chiamato a risolvere problemi storici e un margine di errore gli va concesso. Ma le scelte riguardanti il movimento tennistico sono state talmente contraddittorie e insensate da non poterci girare dall’altra parte e fare finta di nulla.
Andiamo per ordine e tracciamo una breve cronistoria di due mesi di ordinaria follia. Durante la cosiddetta “fase 1” il mondo dello sport si è fermato nella sua interezza. Ad eccezione dei cosiddetti “atleti di interesse nazionale” e qui nasce il primo inghippo: con l’inizio del lockdown viene permesso a questa cerchia ristretta di atleti di allenarsi, per poi fare retromarcia poche settimane dopo. Infine, nel decreto del 26 Aprile, quello relativo all’inizio della cosiddetta “fase 2”, gli atleti di interesse nazionale sono nuovamente autorizzati ad allenarsi. Nasce a questo punto una diatriba giuridica non indifferente: dove dovrebbero giocare questi tennisti se tutti i centri sportivi sono chiusi per decreto ministeriale? La Federazione tenta di aggirare la regola puntando sull’ambiguità del concetto “di interesse nazionale”, e così presenta al Governo una lista di 78.934 nomi, quelli di tutti i tesserati FIT d’Italia. Alla fine si arriva ad un compromesso, e vengono considerati atleti di interesse nazionale i Prima e i Seconda Categoria, che dunque possono ricominciare i loro allenamenti.
Da una settimana a questa parte i centri sportivi diventano materia di scontro tra Regioni e Governo. Il Comune di Pontedera è il primo in Italia a disattendere il decreto ministeriale e ad aprire i circoli tennis con un’ordinanza comunale. Arrivano a pioggia i decreti di nove regioni (Lombardia, Veneto, Liguria, Marche, Emilia Romagna, Abruzzo, Puglia, Sicilia, Sardegna): tutti hanno un comune denominatore, ovvero la riapertura di impianti sportivi per l’attività individuale, ma tra di loro cambiano e non di poco le modalità di applicazione della norma. Quasi ovunque il tennis è permesso unicamente all’aria aperta, ma in alcune regioni (Marche e Veneto per esempio) non è specificato, dunque si può giocare anche in campi indoor. Quasi ovunque è vietato l’uso di spogliatoi e di docce in comune, ma non in Sardegna, dove gli spogliatoi sono aperti garantendo un accesso individuale a turni. Quasi ovunque sono consentite le lezioni individuali, ma non in Lombardia, dove il lavoro degli insegnanti rimane per il momento fermo nonostante la ripartenza dei circoli tennis. Non esistono regole e protocolli comuni, come se le modalità di trasmissione del coronavirus cambiassero da Sassari e Lodi, da Bassano del Grappa a Alberobello. Infine, è cronaca dei giorni nostri, l’ultimo decreto ministeriale annunciato da Giuseppe Conte che riapre praticamente tutte le attività commerciali da lunedì 18 maggio, ma non i centri sportivi, costretti a prorogare la loro chiusura fino al 25 maggio. Una situazione paradossale, dal momento che metà dei circoli tennis italiani sono già aperti, e lo diventa ancor di più nel giro di dodici ore, quando anche Lazio, Campania, Piemonte e Toscana decretano la riapertura dei centri sportivi per lo svolgimento di attività individuale, tra cui il tennis.
All’interno di un quadro assurdo il caso della Regione Toscana è da Guinness dei primati: nell’ordinanza numero 50 del 3 maggio viene confermata la chiusura dei centri sportivi, qualche giorno dopo con un’errata corrige vengono permessi gli sport individuali “anche in impianti pubblici o privati all’aperto senza l’utilizzo di spogliatoi o altri spazi chiusi”. Un chiarimento che in realtà non chiarisce nulla, anzi getta nella confusione più totale i circoli tennis. Che cosa sono gli impianti pubblici? I centri sportivi ne fanno parte? E così, dal 10 al 17 maggio, alcuni club tennistici interpretano l’ordinanza in senso ampio e ricominciano la loro attività, sebbene non ci sia alcuna ordinanza che permetta loro di farlo… Alcuni di essi vengono fatti chiudere a poche ore dalla loro riapertura, altri rimangono aperti come se nulla fosse…
Ci sarebbe quasi da ridere raccontando la storia dei centri sportivi italiani degli ultimi due mesi, se non fosse che c’è in ballo il lavoro di decine di migliaia di insegnanti, preparatori atletici, gestori, addetti ai campi, amministrativi, educatori. Con la sua inadeguatezza la classe politica gioca sulla nostra pelle e sulle nostre vite. Qui non si tratta di fare a gara tra chi avesse ragione o chi avesse torto, di capire a chi spetta l’ultima parola tra le Regioni o il Governo. Non si tratta di stabilire se fosse stato giusto che il tennis, ritenuto dalla comunità scientifica uno degli sport più sicuri in ambito di trasmissione del virus, avesse riaperto subito i cancelli oppure no. Ma si tratta di dare un segnale di compattezza e di fiducia alla cittadinanza. Come si può pretendere che gli italiani rispettino le regole o siano dotati di senso civico se chi ci rappresenta non lo fa, emana norme contraddittorie e criptiche, non sa dare indicazioni chiare? La soluzione, forse più semplice di quanto crediamo, è di affidarci in questa delicata fase storica ad esperti e non a politici di professione. Le decisioni in materia di ristorazione dovrebbero essere prese da chi lavora in questo settore da decenni, così come le decisioni in ambito tennistico dovrebbero essere prese da chi conosce le dinamiche del campo e di questo movimento sportivo. Invece evidentemente non è così…
In tutta questa grande diatriba fa un po’ specie il ruolo della Federazione, gigante rimasto in disparte a sonnecchiare mentre i nostri politici gettavano il mondo del tennis nella confusione. L’unica cosa che la FIT è stata in grado di partorire negli ultimi due mesi è un decalogo (ennalogo) di regole igienico-sanitarie per lo più retoriche o non applicabili. Per il resto nessuna presa di posizione forte, nessuna comunicazione veramente sostanziale, nessun supporto concreto ai circoli tennis che rischiano di esser spazzati via da questa emergenza sanitaria. E così, ne siamo certi, toccherà a noi “comuni mortali” ingoiare per l’ennesima volta il frutto amaro…
Alessio Laganà
Sono perfettamente d’accordo con quello che hai scritto e schifato da questa situazione paradossale…. grazie per il tuo lavoro