“Ma chi me l’ha fatto fare?”. Conti in profondo rosso, spese continue e crescenti, difficoltà a programmare un futuro incerto in cui solo i costi sono l’unica certezza, magari con il tempo che corre senza risultati apprezzabili. Non un quadro idilliaco. E’ la dura realtà in cui vivono molti ragazzi (e le loro famiglie) che sognando il tennis dei grandi campioni provano ad approcciare il professionismo. Così che la mesta imprecazione con cui iniziamo l’articolo, ricca di amarezza e disillusione, chissà quante volte è risuonata nella testa di un giovane tennista che prova far sul serio; o di chissà quanti genitori che, con un figlio promettente con la racchetta in mano, ben presto si rendono conto di quale gatta da pelare si ritrovano per le mani. Lungi da me voler scoraggiare la pratica agonistica del tennis al massimo livello, tutt’altro! Ma facendo un po’ di conti in tasca a chi prova la irta ascesa verso il ranking Atp, cercherò di raccontare uno spaccato del nostro mondo che probabilmente chi guarda in tv Federer e compagnia non riesce minimamente a percepire. Stupendo Wimbledon, i grandi eventi, il jet set di Monte Carlo, anche molti bei tornei “minori”, splendidamente organizzati. Ma quanta fatica per arrivare fin lì, e potersi dire realizzati! E i guadagni di una durissima carriera tennistica, riescono a costruire una base solida per un futuro senza tennis? O peggio ancora, che succede se i sacrifici e gli investimenti su di una possibile carriera vanno in fumo, avendo perso anche anni importanti per lo studio? E soprattutto, che differenze enormi con altri sport, tipicamente quelli di squadra, in cui la maggior parte dei costi sono a carico dalla società di appartenenza dell’atleta. Il tennis è uno sport unico, bellissimo, ma anche maledettamente difficile e complicato. Con lo scoglio supremo dell’ingresso nel mondo Pro, il più duro da superare, la prima selezione naturale che ogni stagione infrange i sogni di centinaia di ragazzi. Non è così facile indagare sul tema ed ottenere risposte certe, perché semplicemente non ci sono. Senti 100 giocatori e ognuno avrà la sua storia, le proprie sensazioni e difficoltà. Chiedi a “chi ce l’ha fatta” e crede di aver in tasca la ricetta magica; ma questa non esiste, perché ogni ragazzo è un universo a sé, con qualità e problemi diversi. Allora come venirne a capo? Molto difficile. Serve lavoro, pazienza, fede nelle proprie capacità e nella propria passione; tanta voglia di soffrire guardando lontano, perché il lavoro di oggi non produrrà risultati domani ma abbastanza più in là. Però sul lato meramente economico della questione è possibile ottenere un riscontro piuttosto fedele, perché a meno di non esser ricco di famiglia o di avere alle spalle un mega sponsor (roba d’altri tempi in questi bassi anni crisi…) o una Federazione ricca che ti segue, tutti i giovani tennisti che ci hanno provato o ci stanno provando sperimentano sulla propria pelle simili problematiche di costo. Viaggi, allenamenti, accademie, coach, trainer, hotel, spostamenti, e tante altre voci nel proprio bilancio stagionale. Terribilmente in rosso nei primi anni. In questa piccola inchiesta proverò a fare un po’ di ordine, grazie alle parole dei vari giovani professionisti, loro famiglie e allenatori che ho raccolto negli ultimi mesi su questo scottante e delicatissimo tema. Il tutto senza la pretesa di essere esaustivo, ma sperando di raccontare uno spaccato della dura vita del giovane tennista e dei suoi sacrifici.
Strumenti – Interpellando vari coach o ex Pro, di cosa ha bisogno un giovane tennista per provare ad emergere? In sintesi, necessita di un team che lo possa supportare nella crescita tecnica, atletica, agonistica e mentale necessaria per passare dal tennis junior a quello professionistico, il tutto sostenuto da un progetto ben strutturato, a lungo termine, in cui siano chiari gli obiettivi, le difficoltà, i ruoli di allenatori e famiglia. Quindi serve un coach che capisca il ragazzo/a, le sue potenzialità e difetti in modo da programmare un lavoro specifico in allenamento, e che lo segua attivamente anche durante i tornei, molti dei quali all’estero; serve una struttura in cui svolgere il lavoro, ossia un club o accademia in cui fare “la base” e che sia un punto di riferimento, meglio se dotata di campi da tennis di più superfici, palestra, ecc. Vista l’importanza fondamentale del lato atletico della prestazione e dato che il giovane sarà necessariamente in una fase di sviluppo organico, serve un preparatore atletico che conosca le problematiche del tennis e della crescita. Servono anche degli sparring partner o altri compagni con cui lavorare assieme, visto che “fare squadra” serve molto per il morale dei giovani che amano e necessitano di aggregazione; e allo stesso tempo anche per suddividere i costi delle varie sessioni di lavoro che si possono svolgere in comune. Utilissimo anche un supporto psicologico, perché i giovani necessitano di maturare anche come persone, e il tennis li mette di fronte a tante situazioni, in campo e fuori, piuttosto “estreme” rispetto a quelle che vive un coetaneo non-tennista (distacco precoce dalla famiglia e dagli amici, alte aspettative, frustrazione, fatica fisica e mentale, sentirsi già un adulto molto presto, ecc), che finiranno per destabilizzarli, aumentando il rischio di non riuscita. Insomma, servono tante cose, e nessuna di queste è a costo zero.
Costi – Partiamo dai costi certi che ogni tennista giovane deve sostenere: allenamenti, viaggi, allenatori, ecc. E’ molto difficile che si riesca a trovare una base in cui allenarsi vicino a casa, a meno di non vivere con la famiglia in una grande città (Milano, Roma, poche altre) oppure aver la fortuna di nascere accanto ad una accademia o centro tennistico di allenamento di alto livello. Va detto che non Italia non ce ne sono molti, purtroppo, quindi molto probabile che divenga necessario vivere lontano da casa, con ulteriori spese per l’alloggio. Considerando il solo costo per gli allenamenti, se l’accademia è di alto livello la spesa non è inferiore a 25mila euro all’anno. In centri piccoli, o con iniziative nate “ad hoc” all’interno di un club per seguire un piccolo gruppo di ragazzi su cui si punta, magari seguiti da un maestro giovane e ambizioso di crescere, allora si può scendere sui 10mila euro, meno è praticamente impossibile. Se aggiungiamo anche la fetta per vitto e alloggio (indispensabile quando ci si allena lontano da casa) i costi possono anche raddoppiare, quindi da 20mila a 40 – 50mila euro all’anno. In molti scelgono strutture all’estero, per i motivi più vari: si pensa che siano “migliori”, che si lavori più seriamente, che allenarsi lontano da casa possa aiutare la crescita del ragazzo. Scelte personali, ma a livello di costi non si va molto lontani, anzi. In Spagna, la nuova “Mecca” del tennis, dove proliferano accademie di allenamento di alto livello (…quasi ogni ex tennista Pro dai ’90 in poi ne ha creata una, magari rimodellando un normale tennis club), non si trovano offerte a meno di 2500 – 3000 euro al mese, comprensive di lavoro e alloggio. In Germania o in Austria siamo appena sotto, sui 2000 euro al mese; mentre negli Usa è tutto diverso, perché generalmente è ben distinto il lato “allenamento” da quello “vitto – alloggio”, visto che ai giovani più talentuosi e su cui la accademia punta quest’ultimo viene concesso gratuitamente. Ma sono casi abbastanza rari, e oltre ad un’ottima dose di talento serve soprattutto una “fame” notevole, una grinta pazzesca e tanta voglia di arrivare, visto che i ritmi di lavoro e di vita in strutture alla Bollettieri sono simil-militaresche, come avete potuto scoprire da nostri speciali pubblicati nel recente passato.
Poi c’è la fetta di spese necessarie per svolgere i tornei. Qua molto dipende dalla programmazione, e purtroppo dai risultati. Infatti anche il miglior programma che si possa stabilire con anticipo (fondamentale per strappare buone tariffe per voli e spostamenti) è molto variabile a seconda dei risultati. Se si ottengono ottimi risultati, magari il giovane può ambire ad eventi di maggior livello e montepremi; ma ci sarà da rivedere lo schedule. Idem se le cose andassero molto peggio di quel che si sperava, magari trovando qualche alternativa vicina e low cost per riuscire a giocare, spendendo il meno possibile. In pratica diventa difficile fare un programma a più lunga scadenza di 4-6 mesi, tenendo ben aperte le strade a possibili alternative. Ed un buon coach – accademia – entourage del ragazzo lo si vede proprio da queste cose, la prontezza nelle decisioni da prendere e la bontà della programmazione a monte. Cose che potrebbero apparire “banali” rispetto alla capacità di vincere partite in campo, ma che invece sono fondamentali, come ci hanno confermato negli anni diversi Pro, che hanno fatto un balzo in avanti, o che invece non ci sono riusciti, proprio per cattiva programmazione. Una stagione ben strutturata deve prevedere almeno 20 tornei, meglio se non più di 30. Ovviamente all’inizio si cercherà di giocare soprattutto eventi Futures (il livello più basso) in Italia, per non eccedere con i costi, e valutare l’impatto con i tornei Pro. Ma va detto che in Italia il livello dei tornei, anche quelli da 10.000$, è piuttosto alto perché molti sono i ragazzi che ci provano e perché in molti dall’estero arrivano, attirati dal nostro Belpaese e da tornei che si svolgono in belle località, spesso molto ben organizzati da club con tanta passione e tradizione. Pertanto diventa indispensabile andare all’estero perché facendo i primi passi non si riesce ad accedere ai tornei italiani. Si finisce in posti sperduti nel mondo, alla ricerca di tabelloni facili e così di possibili punti accessibili, necessari a salire in classifica ed entrare direttamente in tabellone senza passare per le qualificazioni, spesso assai selettive. Ho parlato di punti, e non di soldi, perché a questo livello di tornei i soldi praticamente… “non ci sono”! Il vincitore di un torneo ITF da 10mila dollari prende al massimo 1300 $ (più o meno 1000 euro); ma in questi piccoli eventi l’ospitalità non è praticamente mai gratuita. Quindi, rifacciamo due calcoli: si spendono diciamo 600 euro di volo per arrivare al torneo, costretti a prenotare voli di sola andata o con date flessibili (più cari), non sapendo quanto si resterà in gara; oppure si sceglie un più conveniente A/R, ma si è costretti a restare lì con più pernottamenti anche dopo aver perso; si dormono 7-8 notti in hotel (mettiamo sia anche poco costoso perché convenzionato, facciamo 30 euro a notte), più altri 200 – 300 euro almeno per mangiare, spostarsi, per la lavanderia e farsi incordare le racchette. Alla fine la nostra trasferta sarà costata oltre mille euro, e se abbiamo a carico il coach (cosa che può succedere, anzi è auspicabile!) quasi il doppio. Nella migliore delle ipotesi si vince il torneo, si torna a casa con una manciata di punti ATP (18 per l’esattezza, pensate che il n.1 Djokovic ne ha in questo momento oltre 12mila!!!) ma col bilancio in pari o già in rosso. Immaginate che succede in caso di sconfitta nei primi turni, magari in più tornei consecutivi, un’ipotesi molto probabile quando si muovono i primi passi sul circuito e il ragazzo deve farsi le ossa… la lancetta penderà sempre più pericolosamente verso il rosso. Aumenterà la pressione da parte della famiglia e di tutto l’entourage, la frustrazione, i dubbi. Facendo un bilancio delle spese, essendo assai incerto il capitolo entrate, la voce uscite per una stagione di lavoro, comprensiva di uno staff “medio” e di spostamenti “intelligenti”, molti in Italia all’inizio, non sarà comunque minore di 50mila euro, e siamo stati molto bassi nella stima, visto che diversi genitori o coach parlano anche 70mila, 100mila euro di spese quando ci si rivolge in strutture top e si viaggia molto, con tutto il team al seguito. Poveri tennisti, in tutti i sensi.
E i guadagni? – Ma quanto è necessario salire di livello per iniziare realmente ad accumulare premi? Non poco. Raggiunta una classifica mondiale che permette di entrare stabilmente nei tornei Challenger, attorno alla posizione n.200 – 250 almeno, la situazione migliora, se non altro perché in tutti gli eventi della categoria è garantita l’ospitalità (vitto e alloggio) fino al giorno della sconfitta in tabellone. I montepremi sono più che raddoppiati (da 35.000$ fino ai 140.000$ degli eventi più ricchi, spesso sugli 85mila ) e quindi anche i premi per i vincitori (un torneo da 85mila dollari premia il vincitore con circa 12mila dollari, e il livello è piuttosto alto, difficile per un 200 del mondo vincere). Ma la sostanza non cambia molto. Il nostro ipotetico n.250 del mondo, con una stagione di medio valore, difficilmente riuscirà a guadagnare più di 30-40mila euro, che tolte le spese e le tasse (che si pagano con aliquote differenti, a seconda del torneo che ha staccato l’assegno) riescono a coprire probabilmente buona parte delle spese, ma non certo a guadagnare. A questo livello diventa molto importante riuscire a giocare dei circuiti a squadre, come la nostrana serie A oppure la ricca Bundesliga tedesca, che permette di guadagnare relativamente bene per le poche settimane di impegno, e magari al circolo di appartenenza si riesce anche ad allenarsi non spendendo, ulteriore vantaggio. Oppure si finisce per giocare qualche esibizione in alcuni momenti dell’anno (periodo natalizio, ferragosto), o si fanno delle settimane all’interno di qualche pacchetto turistico – tennistico per Vip, che diventa in pratica una settimana di vacanza retribuita; oppure si finisce anche per giocare qualche torneo Open, che magari il giovane promettente riesce a vincere per il livello non eccelso, portando a casa cifre anche di 1500 – 2000 euro. Una piccola boccata d’ossigeno al portafoglio. Salendo ancora di livello, intorno al n.100 ATP, si inizia davvero a guadagnare qualcosa. Con una stagione di discreto livello, un tennista intorno al n.100 – 120 ATP porta a casa di prize money una cifra superiore ai 150mila dollari, per circa 10 mesi di attività, pertanto siamo nell’ordine di 15mila dollari al mese. Tolte le spese (divengono più costosi i voli, perché salendo di livello si cerca di giocare il più possibile, anche oltre 30 tornei all’anno, e a volte ci si iscrive all’ultimo minuto e i voli sono più cari perché se intercontinentali non esistono low cost) e magari mettendo qualche contributo dagli sponsor, si riesce a chiudere una stagione con un guadagno di 30 – 50mila dollari. Non male, ma riflettiamo un attimo. Una carriera al massimo livello nel tennis può durare diciamo 10 anni, per far cifra tonda. Se si riesce a mantenere sempre quel livello, intorno al n.100 del mondo, si riesce ad accumulare una buona somma, ma togliamo i forti costi sostenuti dai 14 anni per arrivare al professionismo… la fetta di guadagno si assottiglia di molto. E finita la carriera, non si è riusciti ad accumulare una cifra sufficiente a vivere e a metter su famiglia senza lavorare. Stiamo ipotizzando la carriera del centesimo miglior agonista al mondo nel suo sport! Se prendiamo il centesimo calciatore in Italia per valore, di sicuro guadagnerà ben altre cifre e non avrà sostenuto i costi del tennista, e con assai meno fatica e logorio per arrivare a questi livelli. Ovviamente il sogno e l’ambizione di un giovane tennista è di andar ben oltre al n.100 del mondo, arrivare a giocare con continuità i tornei dello Slam, dove se si supera il primo turno si guadagna abbastanza da finanziare i viaggi per tutta l’annata, ed il livello di gioco è il più alto. E più si sale, più i guadagni crescono, in modo esponenziale. Senza contare che a quel livello si riescono a firmare contratti interessanti con sponsor tecnici e non. La strada per arrivarci è davvero molto lunga, difficile, con una competizione micidiale. In pochi ce la fanno. Tantissimi smettono avendo provato una sola stagione; altri provano nel proprio paese più di un anno, magari cercando di continuare parallelamente gli studi. Altri vanno avanti sorretti dalla famiglia e dalla passione per diversi anni. E se non ce la fanno, restando nelle retrovie, finiscono per riciclarsi come allenatori e coach. Alla fine il tennis diventa per loro un lavoro. Chiudiamo proprio con le parole di un nostro giovane tennista, ancora oggi impantanato nelle retrovie del ranking ATP, ma che con fatica e orgoglio va avanti per la sua strada, con ottimismo: “Il tennis finora non mi ha dato quei successi e quelle soddisfazioni che speravo di ottenere quando ero un ragazzino. Però ho girato il mondo, sono diventato uomo, parlo quattro lingue piuttosto correttamente, ho amici e conoscenze dappertutto e molti contatti per un futuro lavoro, magari in una accademia Usa come allenatore. Mi sono divertito facendo quello che la mia passione mi ha spinto a fare. Ci ho rimesso dei soldi? Sicuramente, ed anche la mia famiglia, che non ringrazierò mai abbastanza per avermi sostenuto tutti questi anni. Non sono riuscito a realizzare il sogno di diventare un professionista vincente ad alto livello, ma sono sereno perché ho dato il mio meglio, ho imparato tanto e continuerò a lavorare nel mondo del tennis. Sarei altrettanto felice se avessi vissuto tutta la vita studiando e poi cercando un lavoro “normale”, magari senza nemmeno riuscirci, diventando uno dei tanti precari in cerca di una strada? Sicuramente no. E questo non ha prezzo”.
Marco Mazzoni
0 Commenti