Tra le eccellenze del tennis italiano, ce n’è una non conosciuta probabilmente dalla totalità del grande pubblico ma che più di tutti ha ottenuto successi e riconoscimenti. Non si muove tra i riflettori, ma lavora nell’ombra, tra piste d’atletiche e sale attrezzi. Il suo nome è Stefano Barsacchi, pisano doc del quartiere San Marco e il preparatore atletico più di successo del movimento azzurro degli ultimi decenni.
Ha seguito molti dei tennisti più forti della passata generazioni, dal rimpianto Federico Luzzi e Filippo Volandri, a Corinna Dentoni. Con Francesca Schiavone, vincitrice del Roland Garros 2010, e con la squadra di Federation Cup (Schiavone, Pennetta, Errani, Vinci) si è fatto conoscere anche dal grande pubblico, fino a lavorare presso il Centro Federale di Tirrenia a seguito di alcuni dei tennisti più forti della nazione. Poi l’esperienza in Australia, sei anni intensissimi a disposizione del movimento tennistico “Aussie” e di alcuni dei suoi più brillanti talenti
Poi cos’è successo Stefano?
Esattamente un anno fa, il 2 gennaio 2018, l’attuale responsabile del Centro Federale di Tirrenia Filippo Volandri, che ho allenato a lungo, mi ha chiesto di tornare in Italia a seguire i nostri ragazzi. Il progetto mi è piaciuto ed ho ricevuto una buona offerta, pertanto ho deciso di accettare. Attualmente sono il coordinatore della preparazione atletica della Federazione Italiana Tennis sia per il centro di Tirrenia sia per quello di Formia. Con l’aiuto del mio staff, seguo tante giovani promesse, dai giovanissimi Musetti, Cocciaretto, Rossi, fino a quelli un po’ più grandi, come Balzerani, Forti, Iannaccone, Pellegrino e Martina Trevisan, che ormai si muovono in pianta stabile nel circuito professionistico.
Tra i vari nomi citati, c’è quello di Lorenzo Musetti che recentemente ha vinto gli Australian Open juniores. Su di lui ci sono grandissime aspettative: pensi che siano giustificate?
Lorenzo a livello di precocità sta ottenendo splendidi risultati, considerando che in teoria può giocare altri due anni tra gli under 18. Non dimentichiamoci appunto questo, che è un ragazzo in fase di crescita, e che per quanto sia forte e maturo adesso deve ancora completare il suo processo di sviluppo fisico e mentale. In questo è fondamentale la presenza di Simone Tartarini, che lo conosce fin da quando è piccolo e lo supporta splendidamente da ogni punto di vista. Sul piano atletico Lorenzo inizia solo ora a effettuare lavori di forza specifici, da grandi, e nei prossimi due anni assisteremo a uno sviluppo fisico che, ci auguriamo, lo porterà ad affrontare i livelli più alti del circuito ATP.
Hai lavorato a lungo all’estero, e ora sei tornato in Italia: che differenze hai trovato tra il nostro paese e gli altri a livello di approccio nell’allenamento e mentalità?
Negli ultimi 6/7 anni si è vissuta un’evoluzione globale della preparazione atletica, intesa come maggior attenzione alla prevenzione di infortuni e alla tutela dell’atleta: se prima ogni scuola aveva le sue caratteristiche, adesso bene o male, che si tratti di Inghilterra, Australia, Stati Uniti o Italia, i principi per costruire un tennista professionista si sono globalizzati e si lavora nell’ottica che un atleta debba essere completo al 100 per cento.
E per quanto riguarda il ruolo del preparatore atletico, ritieni che in Italia sia sottovalutato?
Più che sottovalutato, è poco tutelato e riconosciuto. E’ innegabile che in Italia, ad eccezione di coloro che lavorano nell’elite dello spor professionistico, la stragrande maggioranza di preparatori atletici sia “part time” e svolga la sua attività come secondo lavoro, o nel tempo libero. In Australia per esempio non è così e anche a livelli inferiori c’è un maggior riconoscimento e gratificazione economica del preparatore. Questa è mancanza di lungimiranza e imprenditoralità. Nello sport moderno la componente fisica è fondamentale per aumentare la performance e la longevità: va da se che ciò diventa anche una questione economica, perché se un atleta non è seguito a dovere, o si fa male, o la sua carriera è più corta, guadagna meno di quello che potrebbe…
Quali sono le caratteristiche atletiche che, a tuo parere, deve necessariamente possedere un giocatore o una giocatrice per arrivare tra i primi cento del mondo?
Il tennis non è come i cento metri, per fare un esempio, dove se possiedi una dote hai enormi chance di arrivare. Nel tennis puoi essere non tanto veloce o non tanto forte o non tanto resistente, ma puoi comunque essere un campione. Nel nostro sport serve essere completi, e se sai fare un po’ di tutto puoi sopperire alle tue mancanze. E l’aspetto mentale assume un’importanza cruciale, in quanto ti permette di superare le difficoltà e il dolore….
E invece, parlando di un livello “base”, che consigli ti senti di darti ai preparatori atletici che lavorano nei circoli, e seguono ragazzi “normali”… Quali sono gli errori su cui c’è il rischio di cadere?
Il mio consiglio è quello di fare un lavoro semplice e sensato, di non concentrarsi troppo sulla performance ma sul benessere, sul far crescere una persona sul piano atletico a tutto tondo, al di là dei risultati. Sono consapevole, che anche a livello più basso, i ragazzi vogliono vincere ma a mio parere è necessario avere una visione più globale, visto che il risultato è meno importante rispetto alla crescita personale e a volte vedo un approccio troppo finalizzato al raggiungere tutto subito…
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